SRI. Puoi parlarci del tuo percorso politico? Qual è la tua identità politica?
A.S. Come origine sociale sono operaio, meccanico in una fabbrica d’armi. Quanto all’identità sono un rivoluzionario russo, un comunista. In gioventù ho fatto un percorso che mi ha portato da posizioni di sinistra moderata ad un radicale sostegno alla lotta armata. Sono passato per diverse organizzazioni: da quelle trotskiste e dal CPRF (Partito Comunista della Federazione Russa), al RCYL-b (Lega della Gioventù Rivoluzionaria Comunista – bolscevica) e al RCWP (Partito Comunista Operaio di Russia).
Dopo la repressione autoritaria del 1997, fui incarcerato per la prima volta. Cosi iniziai un nuovo periodo della mia vita in prigione. Ora ho 36 anni, di cui 9 passati in carcere per 4 condanne (terrorismo rosso e traffico d’armi). Questa reclusione ucraina è già la quinta esperienza. Una strana reclusione, non sapendo cosa mi aspetti: uno scambio di prigionieri, o una condanna breve, oppure essere ucciso come ostaggio nel caso la guerra s’intensifichi. C’è una totale incertezza.
SRI. Di cosa ti accusano?
A.S. Sono accusato di assistenza informativa al Ministero della Difesa della Repubblica Popolare del Donetsk (DPR). Ho fatto visita, più volte, a fabbriche del Donbass offrendo consulenza, in quanto esperto d’armi, per permettere a queste fabbriche di riparare armi.
Questo è il mio crimine. Prove ne sarebbero il mio passaporto di cittadino russo, il santino di San Giorgio sulla vettura e la mia testimonianza rivoluzionaria acquisita sotto minaccia di tortura quand’ero detenuto in una prigione militare segreta, nel corso dell’operazione anti-terrorista del 16/29 dicembre 2014. Questo è tutto. La legge ucraina considera la DPR come un’organizzazione terroristica, e chiunque la sostenga – soldati, poliziotti, dottori, insegnanti, etc – viene considerato terrorista . Che assurdità!
Sono stato sequestrato a dicembre, il giorno 16, ad un checkpoint tra Donetsk e Gorlovka mentre stavo andando in macchina a trovare il mio compagno anarco-comunista Egor Voronov.
Mi ero diretto per sbaglio verso quel checkpoint in quanto non avevo una mappa con me. Ovviamente non stavo lasciando la DPR per l’Ucraina (sia Donetsk che Gorlova stanno nella DPR). Avendo visto una vettura con targa russa e santino di San Giorgio, mi arrestarono. E, per più di due settimane, fui detenuto in un carcere segreto, incappucciato per impedirmi di capire dove fossi e dove venissi condotto. E’ una pratica comune dello Stato ucraino nei confronti dei detenuti. Cosi come i pestaggi, la tortura, gli omicidi. Ora capisco bene cosa provarono altri compagni in tali situazioni, come in Argentina e in Cile negli anni 70. Quando sei preso da dei militari che possono fare quello che vogliono di te, per chiunque tu sei sparito. Una vita umana qui non vale una cartuccia.
SRI. Ci descrivi la situazione politica in Donbass?
A.S. La situazione politica in Donbass è quella di una situazione di guerra prolungata. E’ la guerra che determina tutti i fatti economici e politici, qui. Si è imposta la militarizzazione della società. Mentre l’Ucraina
può permettersi di dividere il paese in zone pacificate e zone antiterroriste, la DPR non dispone né del territorio né della popolazione sufficienti per fare questo.
Tutto il territorio è soggetto ai colpi d’artiglieria e ai razzi. La guerra coinvolge tutti e ognuno deve fare la sua parte nella difesa e nel lavoro per il fronte. Per di più quasi la metà della popolazione si è rifugiata in Russia. Qui è rimasta poca gente. Solo 60/70.000 combattenti dell’esercito di Novorossia affrontano i 250.000 militari ucraini. Questo squilibrio di forze porta ad una grave situazione economica e a povertà per la rimanente popolazione del Donbass.
Anche in Ucraina ci sono povertà ed inflazione, ma sono ben più pesanti nella DPR e nella Repubblica Popolare di Lugansk (LPR). E’ una guerra strana quella che si sta svolgendo. Si concordano delle tregue, ma nessuno le rispetta. Elettricità, gas e carbone attraversano le linee. Il contrabbando fiorisce. Le elites locali regolano i loro traffici ed affari alle spalle della truppa, mentre solo operai e contadini combattono (su entrambi gli schieramenti). Quando sono state indette nuove elezioni nell’autunno 2014, gli oligarchi anti-Maidan come Zakharchenko e Plotniskiy hanno potuto candidarsi, mentre i Comunisti sono stati esclusi.
Tutto ciò provoca molto malcontento fra la gente comune e pure fra i militari della Novorossia.
Ho parlato con molti militanti di base, vogliono che questa situazione cambi. Vogliono farla finita con gli oligarchi e nazionalizzare le imprese. Vogliono andare a combattere sapendo che danno la vita per le proprie fabbriche, le proprie miniere, le proprie terre, e non per delle elite borghesi che hanno semplicemente cambiato la bandiera ucraina con quella della DPR. Tutto ciò sarà il motivo scatenante della futura guerra civile interna alla Novorossia stessa.
Situazione, questa, che si sta sviluppando mese dopo mese. Furono gli operai ed i contadini che rientrarono dal fronte a fare la rivoluzione del 1917. Provati dalla lunga guerra e incazzati contro i dirigenti che stavano nelle retrovie.
La situazione politica? Russia da un lato, Ucraina e NATO dall’altro, e il malcontento popolare contro guerra e miseria su un terzo. Questa è la situazione. Molto dura!
SRI. Quali forze politiche sono al potere in Donbass? Quanto pesa l’oligarchia? Quanto gli sciovinisti russi? E quanto i Comunisti?
A.S. Tutte le forze politiche nel Donbass si formarono nella primavera 2014, durante la cosiddetta primavera russa. Durante il primo anno di guerra esse si radicalizzarono: dalla moderata rivendicazione di una federazione ucraina si passò alla completa secessione, fino all’indipendenza del Donbass.
Troppo sangue è stato versato, non si può ritornare ad un’Ucraina unita, anche in condizioni d’autonomia. Ma anche grande disappunto si è diffuso quando si è capito che la Russia voleva annettere il Donbass come la Crimea, o portarvi truppe in difesa.
Le principali ragioni della guerra sono note: è la risposta del Donbass a Kiev Euro-Maidan, la protesta contro un partito nazionalista che si impone contro un altro (Ovest ed Est dell’Ucraina), imposizione simbolizzata dalla discriminazione contro la lingua russa e dalla distruzione delle statue di Lenin.
A Kiev ha avuto luogo una rivoluzione nazionalista liberale, portante alla sostituzione dell’oligarca moderato Yanukovich da parte del gruppo di nazionalisti ed oligarchi raccolti attorno a Poroshenko. Molta gente pensa che non si è trattato di una rivoluzione, bensì di un avvicendamento al potere. E accade in un Paese multi- nazionale. E’ simile al caso della Yugoslavia. La salita al potere dei nazionalisti, in un Paese multi-nazionale, è una via diretta alla sua distruzione ed alla guerra. E’ quello che succede all’Ucraina: Crimea e Donbass sono perse per sempre. Perciò le principali forze politiche sono diventate Anti-Maidan e attendono l’intervento russo. Disgraziatamente proprio componenti della vecchia elite ucraina locale, della borghesia locale del
Donbass, nonchè poliziotti ed ex-militari, hanno preso la guida.
Queste sono semplicemente forze conservatrici. Tanto ora, quanto prima della guerra, la sinistra gioca un ruolo minore. Perché? Perché, per la maggior parte, non era preparata ad un simile scontro, ad una politica armata. Mentre coloro che hanno preso le armi per primi, iniziando a costituire una milizia, sono diventati attualmente il nuovo potere. Durante gli anni di “pace” i Comunisti ucraini hanno dimenticato l’essenza del Manifesto di Marx ed Engels, e cioè che la sola via alla vittoria passa per la rivolta e la lotta armata.
Due decenni di elettoralismo borghese e di giochi parlamentari hanno smussato denti e artigli, trasformando il CPU (Partito Comunista d’Ucraina) in qualcosa di simile al CPRF (Partito Comunista della Federazione Russa), in un’opposizione legalista e formale.
Questa è la ragione per cui, proprio quando il potere era in grossa difficoltà, in Donbass come in tutta l’Ucraina, essi diedero un misero spettacolo, al di là della simbolica partecipazione al movimento Anti-Maidan. Ma il tempo dei meetings e dei picchetti era ormai passato. Era necessario intraprendere un’azione più radicale e la sinistra ha fallito in ciò. Ecco perché, invece di una rivolta sociale, si è avviata una lunga guerra tra “Separatisti” e “Ucraini”. I nazionalisti hanno attivamente raggiunto i due schieramenti. Mentre la sinistra se ne stava ai margini.
Ho passato un breve periodo in Donbass, fra il 4 ed il 16 dicembre. Però ora sto parlando molto con vari miliziani imprigionati. E posso sicuramente dire che non ho incontrato un solo sciovinista russo o nazionalista fra loro.
Allora, sono cosi fortunati – sciovinisti e nazionalisti – da riuscire a non farsi arrestare? Tutti i nostri prigionieri, di età superiore ai 40 e che si ricordano dell’era dei Soviet, sono tutti internazionalisti e sono partiti in guerra volendo respingere quei patrioti che sono venuti a bombardarli e ucciderli. La nostalgia per l’era dei Soviet è molto forte fra di loro. Sostengono le idee di nazionalizzazione economica e di socialismo. C’è una grande aspirazione alla giustizia sociale fra loro e la gioventù lavoratrice. Sono materia prima per la propagande della sinistra.
Oohh! Comunisti, dove siete?
Solo un esempio. Durante il mio passaggio nella DNR, nella città N, un compagno locale, membro del CPU e in pensione, venne da me. Portava una pistola a gas e voleva sapere se sarebbe stato possibile trasformarla in una vera. Esaminai la pistola, sembrava fatta di alluminio, impossibile convertirla. Lo informai e gli promisi di trovarne una vera per lui. Era a capo di un piccolo distaccamento di operai di una fabbrica. Volevano l’arma per difendere la fabbrica e la nazionalizzazione. Insomma, c’erano le persone per il distaccamento ma non le armi.
Questo è il motivo per cui sono venuto qui. Per aiutare tali compagni! A cosa fa pensare una scena simile? Ho letto di situazioni simili solo sui libri riguardo la rivoluzione del 1905. All’epoca gli operai presero le armi dove poterono, in tutti i modi, per creare i loro distaccamenti.
A questo operaio spiegai che era necessario innanzitutto raccogliere denaro e che la vecchia tecnica di tutti i rivoluzionari è l’esproprio. Poi sarà possibile armare adeguatamente gli operai ed iniziare la trasformazione sociale. E’ una fantasia? No, è un processo reale!
Tradotto per Soccorso Rosso Internazionale Agosto 2015