L’interruzione dello sciopero della fame da parte di Alfredo Cospito (AC) il 18 aprile realizza una prima conclusione, momentanea ma vittoriosa, di questo ciclo di lotta. Vittoriosa perché a seguito di due pronunciamenti giudiziari che fanno venir meno le “ragioni” di assegnazione al 41bis per AC. Precisamente, l’assoluzione rispetto alla precedente condanna per “istigazione”(a violenza e terrorismo, tramite gli articoli pubblicati sul giornale anarchico Vetriolo), e il diniego da parte della Corte Costituzionale verso la richiesta di condanna obbligatoria all’ergastolo senza alcuna possibilità di attenuanti e con ostatività (in pratica, ergastolo effettivo). Risultato, quest’ultimo, che dovrà concretizzarsi nella futura sentenza del tribunale di Torino (e per cui è stata ora fissata la data d’inizio processo al 19 giugno), e che molto probabilmente si realizzerà poiché è proprio questo tribunale ad aver sollevato la questione di costituzionalità, rifiutandosi di applicare l’ingiunzione all’ergastolo ostativo da parte della Corte di Cassazione. La partita è dunque ancora aperta, con tempi dilatati, la scelta di AC è sicuramente quella giusta, e può concretizzarsi in una netta vittoria.
Politicamente, il tutto è frutto di questo incredibile, inatteso, movimento di lotta e solidarietà iniziato 11 mesi fa, nel giugno 2022. Tracciamone le tappe e i caratteri essenziali.
1) Una prima fase ha visto il formarsi a Roma di un’Assemblea di solidarietà, promossa dall’area anarchica più vicina ai/alle prigionieri/e , ma fin dall’inizio aperta a chiunque volesse impegnarsi in una mobilitazione che si prospettava di lunga durata. Nei fatti solo alcuni, pochi comunisti vi si sono associati. Le iniziative prese furono presidi davanti sedi istituzionali, direttamente implicate nelle decisioni i per epressive che andavano a colpire Alfredo Cospito, Anna Beniamino e Juan Sorroche. Si individuavano precisamente le istituzioni responsabili, apparato antiterrorismo e magistratura suprema, e contro di loro si lanciavano queste prime mobilitazioni. Che restavano poco partecipate, ancora limitate ai soliti ambienti già acquisiti, da anni, alla lotta contro il 41bis.
2) Dalla dichiarazione di sciopero della fame ad oltranza, da parte di AC il 20 ottobre 2022, si dà un primo salto di qualità. Nelle principali città si formano Assemblee permanenti, come quella romana, per promuovere e coordinare la lotta. Dettaglieremo più avanti la vicenda torinese, mentre quella romana prende un rilievo particolare in quanto sede dei centri di potere, verso i quali viene concentrato lo sforzo maggiore di mobilitazione. Infatti l’Assemblea di Roma era preparata a questo passaggio, dall’inizio si capisce che la scelta di AC è radicale, chi lo conosce sa che andrà fino in fondo, e in questo senso apre uno scenario inedito. Non avendo un riferimento preciso sulla sua possibile tenuta fisica, ci si pone da subito in una dinamica d’urgenza. Le iniziative diventano via via quasi quotidiane, e coordinate con collettivi e assemblee di varie altre città. Ciò dà al movimento d’insieme una cadenza molto serrata, costante. Densità e diversità di iniziative e azioni, fra cui quelle d’attacco, e in una dimensione internazionale crescente – dai Paesi europei a quelli latinoamericani.
3) Dopo un primo mese così, verso fine novembre, appaiono alcuni pronunciamenti di personalità pubbliche, articoli sui grandi giornali. Emerge il dubbio sulla stridente sproporzione fra l’entità della presunta emergenza del pericolo anarco-insurrezionalista e le conseguenti pesantissime condanne emesse, fra cui appunto l’assegnazione di AC al 41bis. Dubbi sollevati, il più sovente, senza mettere peraltro in discussione legittimità e utilità di questo regime detentivo. Ma questi pronunciamenti producono effetti a catena, la questione viene mediatizzata. E, pur insistendosempre e solo sul lato cattivo degli anarchici (violenti e, almeno potenzialmente, terroristi) ad ogni scadenza di piazza, si crea così un dibattito pubblico. Per la prima volta il regime 41bis esce dalle tenebre di una segreta di Stato, legittimata dalla “generale” stigmatizzazione e mostrificazione dei suoi detenuti.
4) Anche grazie a questo sblocco, si allarga decisamente la partecipazione alla lotta. In particolare i settori più consistenti dell’antagonismo e del sindacalismo di base iniziano a coinvolgersi, a confrontarsi in assemblee pubbliche e manifestazioni. E si diffonde la netta percezione che questo tema, apparentemente estremo e di marginale interesse, è invece qualcosa che, nella sua gravità, fa parte dell’involuzione repressiva autoritaria andando a pesare su tutta la società subalterna, estremo deterrente di tutto un apparato legislativo, poliziesco e carcerario, puntato contro ribellioni, movimenti di resistenza e, soprattutto, contro le istanze rivoluzionarie. È così che le manifestazioni di piazza, fra novembre e dicembre si ingrossano, con punte fino a 2000 partecipanti, e che in altre di carattere generale – contro la guerra, le politiche antisociali del governo – si inserisce appieno la presenza della nostra mobilitazione, con spezzone di corteo e interventi vari lungo il percorso.
5) Al contempo emergeva sempre più la strategia di accerchiamento militare da parte del potere. In ogni occasione le forze di polizia sono equivalenti, o persino superiori, a quelle manifestanti. Con esibizione di postura d’attacco e mezzi vari di supporto. Una vera esibizione militaresca, un messaggio intimidatorio, terroristico. In poche occasioni si è tentato di forzare l’accerchiamento, invano; ma, pur con ampia distribuzione di manganellate, la risposta repressiva si è fermata al contenimento senza infierire, senza passare a pestaggi pesanti e massivi. Mentre iniziava la pioggia di denunce e altre misure di prevenzione.
6) Già da dicembre si ragiona sugli sviluppi da dare alla lotta tenendo presente il rischio mortale che incombe su AC. Elemento che condiziona molto nelle decisioni da prendere, nel tipo di dinamica da perseguire. Inoltre entra in campo la dimensione internazionale, internazionalista.
Veramente potente e diffusa. Le pratiche anarchiche ne sono state certo l’anima portante, ma altre componenti vi hanno contribuito. Sia la nostra, di SRI, sia quella di gruppi di prigionieri/e legati ad organizzazioni rivoluzionarie, come gli 11 esponenti dell’area DHKP-C detenuti in Grecia. I loro interventi, contemporanei al loro stesso sciopero della fame, furono significativi e incoraggianti, stabilendo un nesso concreto sullo stesso terreno di resistenza alla tortura dell’isolamento nelle sezioni speciali, al loro uso politico volto a spezzare l’identità politica dei prigionieri/e e a spingerli alla resa.
7) Gennaio e febbraio. Sotto la crescente pressione dei movimenti, nel potere si aprono delle contraddizioni, delle incertezze, ma è al massimo livello allora che si prendono le decisioni: governo, ministro della giustizia e corte di cassazione (giurisdizione suprema) impongono la chiusura totale. Pertanto le suddette contraddizioni hanno sostenuto la speranza nel corso delle mobilitazioni, facendo intravedere una possibile “vittoria”, ragion per cui il movimento d’insieme è ancora cresciuto in quei due mesi. Lo stop, brutale, arriva il 24 febbraio con la sentenza della corte di cassazione che, in ultima istanza, aveva il potere di revoca del 41bis.
8) Sentenza percepita come vera e propria condanna a morte per AC. A quel punto si impone una svolta, obiettivo e metodo di lotta diventano il far pagare un prezzo allo Stato. Non più la ricerca di consenso e di allargamento sociale, bensì attacco nelle forme possibili. Ecco il senso della manifestazione di Torino del 4 marzo (quella definita di “guerriglia urbana”) e di altre numerose azioni sia in Italia che negli altri Paesi.
9) Ma un inatteso spiraglio si apre a metà marzo, al processo d’appello sulla condanna per “Istigazione alla violenza terrorista”, comminata anni fa ad AC e ad altri 3 compagni per articoli sul giornale “Vetriolo”. Proprio sulla base di questa condanna (peraltro minore), e quindi del ruolo di “ispiratore” e presunto “capo della FAI”, svolto da AC pure dal carcere, venne deciso il 41bis nei suoi confronti. Ora i giudici d’appello rigettano le accuse, ritenendo che il giornale resta nel campo della libertà di espressione e che non vi è prova di legame operativo con azioni specifiche, e assolvono tutti. Un passo clamoroso perché fa venir meno uno dei due fondamenti dell’assegnazione di AC al 41bis (l’altro essendo la condanna all’ergastolo per strage, che però dev’essere ancora pronunciata). Di più, viene concesso ad AC di leggere un suo documento e la sua diffusione. È la prima volta, così, che si potrà sentire esattamente la sua posizione dal dopo maggio 2022. Si riapre la partita, le mobilitazioni continuano seppur su un profilo più basso e ad un ritmo non più intenso come prima.
10) La svolta avviene il 18 aprile con il pronunciamento della Corte Costituzionale (consideriamo che nessuno pensava di arrivarci con AC vivo, dopo 180 giorni di sciopero). E il pronunciamento è davvero una vittoria: la Corte smentisce l’obbligatorietà della pena dell’ergastolo per certi reati, affermando che deve sempre essere data ai giudici la possibilità di un bilanciamento di attenuanti.
In concreto nel caso specifico, attenuanti per la lieve entità dei danni (una strage senza feriti, sic!) E questo viene affermato anche in generale, non solo per il suo caso specifico, quindi è una vittoria per la battaglia nell’interesse collettivo condotta da AC contro l’ergastolo ostativo. AC interrompe lo sciopero. A questo punto è grande la possibilità che il tribunale di Torino che dovrà sentenziare su questa famosa “strage”, ritorni ad una condanna contenuta in circa 20 anni di carcere. E questo farebbe crollare l’altro fondamento del 41bis! Il processo è stato ora fissato al 19 giugno (!)
In questi ultimi tre mesi, giocati fra la pietra tombale del 24 febbraio e queste aperture inattese, in un cambio di ritmo e intensità della lotta, si è approfondito invece il dibattito sulle prospettive, sul come trasformare quanto accumulato positivamente in un movimento di ampio respiro e di lunga durata. La grande valenza dell’impostazione data da AC sta nel fatto che, basata su un obbiettivo specifico, limitato, “Fuori Alfredo dal 41bis”, ma situato nella generale critica al regime in quanto tale, all’ergastolo, all’ostatività, questa campagna è riuscita finalmente a coniugare una concretezza, che si sta realizzando, e un orizzonte ampio di carattere antagonista, rivoluzionario. È cosa rara, il successo lo conferma. Il passaggio successivo però è delicato, richiede capacità politica e di progettualità. Facendo i conti
con la realtà precaria, movimentista dei collettivi che stanno gestendo la vicenda.
A Torino, come in altre città, fin dall’inizio dello sciopero della fame di AC, si è espressa la necessità di attivarsi e mobilitarsi, dando vita ad un’assemblea cittadina. Un’assemblea a cadenza settimanale, animata principalmente dalla Cassa Antirepressione delle Alpi occidentali, alla quale alcuni comunisti (fra cui i compagni del SRI) hanno partecipato attivamente cercando di portare i propri contributi, pur se in netta minoranza. Insieme ad altri compagni comunisti della Cassa di Resistenza Territoriale si è cercato di allargare il dibattito, integrando la lotta sul 41 bis e il carcere alla generale ondata di repressione e regressione sociale: dalle condizioni di sfruttamento sui luoghi di lavoro, all’impoverimento dilagante, dalle devastazioni ambientali e saccheggio dei territori alle violenze razziste e patriarcali.
L’assemblea in alcuni momenti è riuscita ad ampliarsi, coinvolgendo altre realtà politiche, sindacali,
studentesche e le diverse aree dell’anarchismo. Unitariamente si è organizzato e partecipato a tutte le iniziative, molti e ripetuti presidi informativi nelle piazze, piccoli e grandi cortei, e manifestazioni contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo.
Al termine dello sciopero della fame di AC, si è deciso di dare all’assemblea una cadenza mensile,la tensione è certo calata (finendo la fase dell’urgenza) ma si cerca egualmente di non interrompere i legami che si sono creati e consolidati .
Si è pensato di dare all’assemblea un carattere non solo territoriale ma anche nazionale, coinvolgendo le assemblee di altre città in un percorso di coordinamento. Un primo appuntamento è programmato verso metà giugno, per sviluppare le possibilità di unione delle lotte, che questa intensa fase di mobilitazione ha alimentato. E far sì che le energie raccolte non vadano disperse, bensì si riorganizzino proseguendo il percorso avviato e ampliando gli spazi d’azione.
A Roma si tratta di due Assemblee permanenti: la prima è quella più anarchica, composta dall’area più vicina ad AC stesso, nonché da altri fra cui pochi comunisti, noi compresi. Assemblea costituita subito, a maggio ’22, quando si capì la grave portata della vicenda, e costituita come Assemblea aperta. È questa che promuove, e praticamente da sola, la mobilitazione nei mesi fino al 20 ottobre, quando l’entrata in sciopero ad oltranza di AC scuote effettivamente molti ambienti e allarga infine la partecipazione. Anche questa Assemblea si rafforza e continua ad essere motore importante. Mentre, soprattutto da dicembre, si cominciano ad incrociare anche altre lotte, come quella degli studenti e universitari che si stanno confrontando con una repressione crescente e specifica. Si dà così una saldatura in una seconda Assemblea permanente incentrata a La Sapienza (la storica sede universitaria romana), con una partecipatissima assemblea pubblica come suo atto d’inizio. La sua caratterizzazione è, ovviamente, la giovinezza, quindi un grande apporto di energia e slancio, ma con limiti di politicizzazione per cui si sviluppa su sé stessa, sui suoi tempi di maturazione. Al contempo il carattere piuttosto identitario della prima Assemblea non facilita un percorso di convergenza. Si dà, nei fatti, un percorso parallelo e di unità in piazza, nelle scadenze, ma non oltre.
Per contro si profila una vera linea di frattura con la variegata area a tendenza riformista. Questa cominciò ad aggregarsi attorno agli interventi di alcune personalità del mondo politico e intellettuale, interventi che indubbiamente servirono a rompere il muro del silenzio, della censura, ma che indicarono ovviamente un orizzonte riformatore istituzionale. Un cartello “Morire di pena” accoglie persino deputati del PD e del partito Radicale. Ora poi è stata lanciata una proposta di Comitato contro 41bis e repressione, a iniziativa degli avvocati di AC. Comitato che viene proposto su scala nazionale, sulla base di un intento unitario attorno “un minimo comun denominatore”, che porta però nella direzione di quell’orizzonte riformista paraistituzionale. E infatti vi convergono le componenti di movimento di area”disobbediente” e fino a ex militanti prigionieri propugnatori della “soluzione politica”. Ragion per cui già è stato scontro politico in occasione della loro assemblea di convocazione, lo scorso 10 maggio.
Questa divergenza di prospettiva rinvia a questioni di contenuto, di fondo. È stato giusto, come detto prima, incentrare la lotta su un obiettivo concreto e limitato, proprio perché forse conquistabile. Ma, pur dando così forza alla lotta di lunga durata contro 41bis, ecc. pensiamo che si possano ottenere risultati concreti sul piano generale di questi regimi repressivi? Non viviamo in un’epoca di continua chiusura repressiva e militarizzante? Sul piano istituzionale non sono forse tutti i partiti attestati sulle peggiori posizioni liberticide? Non fa parte questo della generale degenerazione imperialistica, guerrafondaia e devastatrice? (d’altronde le suddette “personalità democratiche” sono poi del tutto schierate con Nato, Usa, Israele, imperialismo ENI, Leonardo, Confindustria, ecc.). Insomma, mai come oggi, tutto è collegato, tutto si tiene, e in una formula diffusa, si tratta di “guerra imperialista e guerra interna”: questo si tratta di affrontare. Su questa dimensione ci si deve situare e darsi una prospettiva di lotta e costruzione di forza di classe. Con la consapevolezza del contare solo sulle nostre forze, antagoniste e autonome di classe, in percorsi di crescita e maturazione, con salti di qualità nell’organizzazione e nella progettualità.
Va dato riconoscimento alle aree anarchiche più conseguenti di aver mantenuto questo livello, con costante pratica dell’azione diretta, rivolta non solo alla dimensione carceraria bensì al citato nesso di “guerra imperialista e guerra interna”, alla dimensione dell’oppressione e sfruttamento sociali. E questo, giustamente, ha fatto il legame con AC stesso e con i/le prigionieri/e , che lo sono proprio in quanto continuano a difendere la prospettiva rivoluzionaria. Non si è mai scaduti sul piano della semplice difesa “vittimista” e oggettivamente riformista, bensì si è affermata l’internità della questione prigionia politica allo scontro rivoluzione/controrivoluzione. Focalizzando il carattere di tortura del 41bis proprio rispetto alla pretesa estorsiva dello Stato per portare alla resa, alla capitolazione politica e ideologica, per impedire preventivamente il riaggregarsi di una tendenza rivoluzionaria in seno al conflitto di classe. Schierarsi in questo senso, e quindi con le ragioni e la continuità dell’identità rivoluzionaria (anarchica, comunista, antimperialista), è diventato il perno politico di questo movimento di solidarietà. E questo, unitamente all’altro obiettivo posto, quello contro l’ergastolo e l’ostatività, ha permesso di fare il legame con i/le prigionieri/e da più di 40 anni. Qui vanno ricordati i gesti di solidarietà espressi da alcuni di loro verso AC, con una fermata all’aria e una battitura, con lettere. È molto importante mantenere e sviluppare questo nesso di contenuti e di referenti, appunto come prospettiva immediata nei prossimi mesi.
IL SRI, in tutto questo, si è mosso dignitosamente, con interventi caratterizzanti che hanno contribuito a tenere salda la prospettiva di cui parliamo. Ma, mancando di sufficiente consistenza locale, questo avviene in virtù della credibilità del SRI in quanto presenza internazionale e per la storia militante (e in questo senso son state significative le iniziative intraprese in contemporanea in alcune città europee). Ma organizzativamente non si fa ancora un salto e questo anche per la buona ragione che le citate Assemblee assorbono le energie disponibili e in una pratica di tipo orizzontale che esclude la presenza di strutture politiche. Fa eccezione la recente Rete di collettivi e comitati di lotta a Roma che, basandosi appunto su precisi collettivi e di impostazione comunista, dà spazio alle entità costituite. Sicché aderendo alla Rete, abbiamo elaborato e firmato insieme alcuni volantini e un manifesto. Una realtà che, peraltro, partecipa al fronte con le citate Assemblee. Un’evoluzione, fianco a fianco, che promette bene. La prospettiva che vediamo è proprio nel senso di un fronte di classe, di unità nelle diversità, ma su una base chiara di autonomia e ostilità verso il campo istituzionale, tanto più in questa fase in cui questo tenta in tutti i modi di irreggimentare la società nella sua spirale guerrafondaia e militarizzante.
maggio 2023
Proletari Torinesi per il Soccorso Rosso Internazionale (Torino e Roma)